Da piazza a piazza
Vola, la sciarpa bianca vola. L'onda lunga delle donne padrone della piazza non si ferma. Festose, sorridenti, danzanti, tutto sommato ben vestite, truccate e curate. Come la leader-signora che da Lerner sfoggiava un accento decisamente snob. Radical-scic le ha definite la Gelmini, donna con merito in carriera. Per quanto riguarda le promotrici non pensiamo sia molto lontana dal vero: con le attrici e attricette di secondo piano in primo piano (Cristina Comencini, lei regista, Angela Finocchiaro, Lunetta Savino, Sabrina Impacciatore, la "barbaresca" e nobile della Rovere...), gongolanti per quella visibilità e quell'ascendente che non sempre riescono ad ottenere rispetto alle platee di spettatori. Cambiano le modalità, cambiano i colori, ma l'obiettivo rimane noiosamente lo stesso. Prima i girotondini, adesso il coro dell'"adesso!", l'altro ieri il "popolo" viola, ieri la sciarpa bianca. Ma invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia in un B-B-B-Balbettio contro il B-B-B-Berlusconi. Lui, sempre lui, l'uomo, che certamente un'icona non è e che avrebbe imposto il regime.
Ma ci sono altre piazze, altre manifestazioni che ci fanno capire cosa significa lo stato di regime. Basta guardare alle piazze del Nord-Africa: esasperazione, disperazione, pianti, urla, sangue... e le vittime innocenti. Anni luce distanti dalle nostre moltitudini colorate e libere di liberarsi. Per loro e nostra fortuna di cittadini, figli di una democrazia. Una democrazia malata, pur sempre una democrazia. Con un ulteriore insegnamento che viene ancora dalla piazza del Cairo, dove i manifestanti si sono messi scopa e paletta, vernice e pennello a ripulire dopo il "grande urlo". Mentre da noi, dal vertice alla periferia, dal nord al sud l'immondizia (anche quella che dovrebbe finire nei cassonetti) ristagna e marcisce. Alla faccia del bianco.